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Godless – Donne alla conquista del West

I personaggi femminili di spicco, negli ultimi anni, sono certamente aumentati. Detective, avvocati e avventurieri che prima erano interpretati esclusivamente da uomini ora lentamente stanno cedendo il passo al moderno. Se però nelle produzioni è più facile operare questo rinnovamento per tutte quelle serie che hanno come ambientazione un mondo, appunto, moderno, la medesima operazione rischia di risultare forzata quando il mondo di cui si va a raccontare è, per forza di cose, “antico”.

Per questo motivo, la miniserie americana di produzione Netflix avrebbe potuto generare perplessità non indifferenti: a fronte della storyline principale, sarebbe a dire la ricerca di vendetta del fuorilegge Frank Griffin (Jeff Daniels) ai danni del figlio adottivo Roy Goode (Jack O’Connell), uno spazio estremamente ampio viene dato alla figura della donna nel selvaggio west, al punto da immaginare una città (LaBelle) gestita da sole signore. Dopo otto episodi, tuttavia, bisogna invece constatare che la serie è un esempio di ottima narrazione e verosimiglianza, ma soprattutto di intelligenza “out of the box”: la serie infatti non mette soltanto le donne a sparare, in ciò limitandole alla mera imitazione di un uomo, bensì le pone in situazioni di scelta, finanche di comando, tali per cui il “vecchio” west diventa più nuovo che mai, senza però snaturarsi. Personaggi come Mary Agnes (Merritt Wever) e Alice Fletcher (Michelle Dockery), leader in un mondo che non vuole riconoscerle come tali, resteranno a lungo impresse nella storia del genere.

Dal punto di vista tecnico, la serie ha una regia memore delle lezioni impartite dai grandi maestri del genere: i tempi vengono quasi sempre rispettati, il climax ascendente tiene conto della tensione e tutte le esplosioni, fisiche (perché nella serie si spara molto, beninteso) e soprattutto emotive, arrivano esattamente quando devono arrivare. La sceneggiatura è solida, nessun personaggio è autoreferenziale o inutile, e questo consente una serie di svolte narrative capaci di sostenere la dilatazione degli eventi al netto della molteplicità dei punti di vista, essendo la storia raccontata in maniera corale.

Artisticamente, non siamo di fronte al capolavoro. Ci sono alcune scelte che lasciano perplessi, come la curiosa color correction riservata ai flashback, e in generale la fotografia non sfrutta appieno quelli che potrebbero essere i punti di forza di un’ambientazione così fedelmente ricostruita, ma si tratta comunque di un lavoro eccellente che va sempre a pieno supporto della narrazione. La recitazione è convincente, i personaggi come si diceva sono ben scritti, e in generale la serie non scende mai sotto il livello della sufficienza in nessun suo aspetto.

Alberto de Mascellis