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The End of the F**king World – o solo la fine di una tormentata adolescenza

“Mi chiamo James, ho 17 anni. E penso di essere uno psicopatico”. Inizia esattamente così la serie britannica tratta dall’omonimo fumetto e distribuita a livello mondiale da Netflix a inizio anno. Potremmo già definirla ‘la serie del 2018’ per il rapido e decisamente meritato successo ottenuto. Otto episodi di circa 20 minuti che si divorano in fretta, la si finisce tutta in una sera data la durata totale di circa due ore e mezza, da vedere assolutamente in lingua originale: la forza di questa dark-comedy, come è stata definita, è tutta qui!

I protagonisti sono James e Alyssa, due diciassettenni con problemi adolescenziali, sociali e familiari. L’ambientazione è una anonima città della provincia inglese. I due si conoscono a scuola e per ragioni differenti decidono di rubare l’auto del padre di lui e scappare insieme dalla monotonia delle loro vite senza lasciarsi troppi affetti alle spalle. Lui ha in programma di ucciderla. Lei lo considera abbastanza strano da potersi innamorare di lui. Comincia quindi il viaggio, folle, incosciente, che li porterà a cacciarsi in guai sempre più grossi fino a commettere veri e propri reati e da cui pare non esserci via d’uscita.

E’ una serie tutta on the road, a cui ci si appassiona sempre di più episodio dopo episodio, di cui non voglio svelare altro perché vale davvero la pena vederla, accompagnata da una  colonna sonora spiccatamente vintage (io direi perfetta) curata da Graham Coxon, chitarrista dei Blur ( potete ascoltarla cliccando qui ). Decisamente riuscite sono le interpretazioni dei due (non cosi giovani) protagonisti, soprattutto lei (Jessica Barden), intensa, arrabbiata, magnifica… che in maniera disarmante guida il suo compagno di avventura ma anche lo spettatore in un viaggio disperato eppure necessario. Ultima nota di grande merito va alla fotografia (un po’ alla Wes Anderson) in grado di esaltare ogni singola inquadratura.

Difficile definirla univocamente: è tragica, è comica, è pulp, è romantica, è divertente, è triste, moolto ‘english’, forse un po’ d’altri tempi… ma soprattutto non vuole insegnarci nulla, niente moralismi, niente dicotomie giusto/sbagliato, adulti/adolescenti… lascia ad ognuno libertà di sentimenti e riflessioni persino nel finale, che resta aperto.

Claudia Bombace